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DIETA ALIMENTARE
La formulazione di regole alimentari da seguire giornalmente, che, insieme a regole sull'attività fisica e intellettuale, fu tradizionalmente rivendicata dalla medicina, dalla legge e dalla religione. Punto di riferimento di ogni dieta per oltre due millenni fu in Occidente la figura di Ippocrate o meglio, a partire dal IV secolo a.C., il corpo dei precetti a lui attribuiti. I libri consacrati al regime ammaestrano sulle sostanze dolci, grasse o salate e sulle proprietà degli alimenti classificati per natura, freddi e caldi, secchi e umidi. Dal I secolo a.C. si possiedono dati sulla razione dello schiavo, del soldato e del cittadino romano, in prevalenza vegetariana come è tipico delle società di radici contadine: la polenta (puls) di orzo sopravvisse più a lungo nelle campagne, mentre la panificazione guadagnava terreno nelle città. Anche gli squilibri, dall'ipernutrizione all'ubriachezza, sono noti nel mondo antico con un preciso riferimento al rapporto fra l'esercizio fisico e i singoli alimenti. Da Ippocrate a Galeno di Pergamo (II secolo d.C.), dalle scuole di Bisanzio a quelle ispano-arabe, la dottrina medica presenta caratteri di notevole omogeneità. La diffusione del cristianesimo modificò il significato della dieta: nelle regole monastiche e nelle vite di santi si avverte, grazie a medici quali Oribasio (IV secolo), una continuità con la cultura greca nell'esaltazione del digiuno. La predilezione degli anacoreti per i cibi crudi, cioè freddi, e per i pani poveri, come quello d'orzo, e le restrizioni monastiche nei confronti degli stessi alimenti evangelici, quali il vino, il pesce e la carne, forniscono un quadro in cui l'astinenza acquista un doppio significato alimentare e sessuale: la castità nasce dalle privazioni alimentari così come la lussuria, secondo la medicina antica, nasceva da principi nutritivi caldi e copiosi. Nelle tensioni fra cibo e peccato acquisì un posto particolare l'insegnamento dell'arabo Avicenna (X secolo), fondato sull'equilibrio tra individuo e appetito, tra costumi e conoscenza: al prestigio della sua scuola medica arabo-ispanica (XI-XIII secolo) si affiancò quello della contemporanea scuola medica di Salerno, centro di studio dell'igiene, dell'uso delle erbe, dell'alimentazione dell'uomo sano e ammalato. Con il Rinascimento il quadro teorico si rafforzò grazie a una rinnovata lettura dei testi galenici, e la dietetica conservò il suo primato tra chirurgia e farmacopea. Maturava intanto un dibattito sulla varietà dei cibi (e in particolare delle carni), sulla funzione del piacere, sul regime da adottare contro le epidemie; il bambino, allattato e svezzato, veniva assunto quale oggetto di studio; l'intellettuale di Marsilio Ficino si assegnava una condotta, scelte specifiche e forme di astinenza funzionali all'equilibrio mentale e alla sua attività; l'attenzione all'arte del cuoco guidava il terapeuta. La teoria degli umori era ridotta ormai a un quadro di fondo; il vitto quaresimale, così come il giudizio sui prodotti del nuovo mondo, facevano riferimento a essa senza rinunciare a una verifica alimento per alimento, sapore per sapore. Mentre le scoperte relative all'anatomia umana, e soprattutto alla circolazione sanguigna, modificavano il modello fisiologico, la dietetica si esprimeva con una precettistica tollerante. L'Encyclopédie (1751-1772) di Diderot è l'estremo riflesso della cultura ippocratica in una comunità medica non ancora guidata dalla chimica ma piuttosto orientata all'intervento in campo sociale. Del 1753 è il trattato sullo scorbuto del chirurgo della marina inglese James Lind, che prescrive contromisure dietetiche basate sul consumo di limoni. Dopo che Lavoisier, con il Traité élémentaire de chimie (1789), ebbe dato uno strumento alla chimica sperimentale, l'esigenza di tavole dei valori nutritivi venne soddisfatta da Justus Liebig (1803-1873). Poco dopo venivano messe a punto sostanze sintetiche destinate a impieghi nell'industria, come la saccarina (1879). A partire dal 1875 Wilbur Olin Atwater mise a punto un'unità di misura applicabile al valore nutritivo, la caloria, e propose una valutazione dei bisogni proteici. La dietetica non era più un codice di correlazione tra il corpo e la natura creata, ma un vasto settore interdisciplinare che studiava la materia ed elaborava statistiche per valutare i problemi individuali e sociali. In quest'ultimo campo essa si definì, nella seconda metà dell'Ottocento, igiene alimentare con il compito di combattere le patologie (alcolismo e malnutrizione), di correggere gli eccessi del peso corporeo e ormai anche di progettare il risanamento fisico e ambientale; più della terapia divenne rilevante la programmazione del minimo nutritivo per tutti, in funzione dell'attività e della salute; lo studio della razione si diffuse in apparati dello stato tanto diversi quanto l'esercito, la scuola, le carceri o gli ospedali. Dall'inizio del Novecento l'industria alimentare promosse le proprie campagne di consumo e, a favore o contro di esse, proliferarono movimenti e associazioni mentre si affermavano tendenze particolari come il vegetarismo, il crudismo, la macrobiotica. L'ultima scoperta decisiva per la dietetica fu quella del biochimico Casimir Funmk che nel 1914 pubblicò il trattato Die Vitamine nel quale malattie millenarie come il beriberi, lo scorbuto, la pellagra, il rachitismo venivano imputate alla carenza di sostanze particolari. Con la sintesi della vitamina C, nel 1933, era pronto lo strumento per una nuova teoria dei regimi.

A. Capatti
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